top of page

LA SFIDA DI ESSERCI
a colloquio con don Francesco

639e14be-f4fa-4033-a7ae-8ea72a08c7ce.jpg

La nostra intervista a don Francesco Cortellini, da un anno circa arrivato a svolgere  il ministero di sacerdote a Bozzolo.

 

CAPORALE

Cosa l'ha spinta a prendere i voti?

 

Sono entrato in seminario a 19 anni. L’idea che mi ha guidato è stata di mettermi a servizio di una realtà che fosse simile a quella del mio paese, dove mi ero sempre impegnato in attività per gli altri. L’aspetto della fede avrei potuto raggiungerlo anche in un convento o in un monastero. Ma io volevo anche quello del servizio.

 

PIETRALUNGA

Dopo questi primi mesi, quali sono stati gli aspetti più belli e quali le sfide più grandi nell’essere parroco di Bozzolo e San Martino dall’Argine?

 

Gli aspetti più belli sono stati l’accoglienza che ho vissuto a tanti livelli e in tante occasioni. Ho visto tanta disponibilità da parte delle persone. Il difficile è mettere insieme le idee con la realtà. Io vengo da un’esperienza diversa e molte cose le vivevo in astratto. Ora si tratta di concretizzarle. Devo capire e adeguarmi ai tempi e alle modalità. La seconda sfida è mettere insieme due paesi non esattamente disposti a camminare insieme, e questo rende tutto più complesso. Occorre ascoltare tutti ma poi fare una sintesi che non è sempre facile né popolare. Da ultimo, cominciare qualcosa di nuovo è sempre faticoso e sfidante. Lei pensa che la sua esperienza precedente nella formazione e nell’insegnamento stia influenzando il suo modo di guidare la parrocchia?

Non saprei. Certo, ciò che caratterizza ognuno di noi è la propria storia. E sicuramente io sono figlio delle esperienze vissute in passate. Questo diventa un paradigma di approccio alle cose. Ora che ha avuto modo di conoscere la comunità, quali sono i suoi obiettivi principali per il futuro della parrocchia? Non mi sono dato alcun obiettivo fino al settembre del 2025. Tra un anno, sarò in grado di progettare, dopo aver capito e conosciuto bene la realtà. Certo, prioritario sarà fare delle due anime del territorio un’unica parrocchia.

Don Primo Mazzolari è una figura centrale per Bozzolo: c’è un aspetto del suo pensiero o della sua azione pastorale che sente anche particolarmente sua?

Un aspetto centrale del pensiero di don Primo è l’impegno personale, il suo mettersi in gioco.

SACCENTI

Se potesse scrivere un nuovo comandamento per il mondo di oggi, quale sarebbe?

Non ce n’è bisogno. I dieci sono già completi e totalizzanti.

Come vede il ruolo internazionale della chiesa nel processo di pace rispetto alle molte guerre in atto?

In passato tutto si giocava a partire dall’Europa, e l’Europa era sostanzialmente cristiana, quindi centrale e prioritaria. Oggi tutto è multiprospettico, e la nostra antica centralità è marginale. Occorre giocare a livello più locale che universale, e far fiorire il messaggio di Cristo dentro le singole comunità. Abbiamo visto le fragilità delle missioni di pace nel conflitto tra Ucraina e Russia. Questo la dice lunga.

 

RAVAGNA

Come descriverebbe il ruolo di un sacerdote nella società moderna?

Sì, è cambiato. Ma quello che è il compito del sacerdote, ossia accompagnare le persone alla fede è rimasto immutato nello scopo. Sono le azioni e i modi ad essere mutati. Inteso come cultura, il ruolo del sacerdote è profondamente cambiato. Prima il sacerdote era un punto di riferimento centrale, oggi no.

 

Che cosa significa per lei "servire Dio" ogni giorno e come riesce a mantenere viva questa missione nel suo lavoro quotidiano?

Non saprei dare una risposta univoca. Quello che provo a fare io è cercare di ascoltare le necessità delle persone che incontro, aiutandole a trovare Dio, a partire da me e dal mio tentativo di incontrarlo nella celebrazione della Messa, nell’ascolto della sua Parola e nella preghiera personale.

 

MICHELONI

Secondo lei, come si possono bilanciare i concetti di apertura alla modernità e rispetto della tradizione nell’universo della fede?

Noi siamo abituati a pensare alla tradizione come ad un oggetto che si passa di mano in mano. Immutabile, eterno. In realtà, la tradizione della Chiesa è qualcosa di creativo, ossia la fedeltà alla Parola d Dio da incarnare nel tempo che cambia. Noi oggi non ci riconosceremmo nella Chiesa di 2000 anni fa, e viceversa. Occorre mettersi di fronte all’insegnamento di Dio con la plasticità dell’oggi. Un po’ come l’immagine della porta. La porta si muove perché i cardini sono fermi.

 

Le migrazioni possono essere viste come un'espressione moderna di ricerca di una "terra promessa"?

No. Andare in una terra promessa significa andare in un luogo preciso che io ho scelto in quanto io voglio andare esattamente là. Le persone che arrivano oggi in Italia vengono da difficoltà drammatiche e approdano qui per una serie di variabili, spesso non volute né pianificate. Ho in mente la storia di un ragazzo che mi ha raccontato il suo continuo, faticoso, peregrinare, e la causalità, dolorosa, dell’essere qui.

Secondo lei, è possibile che il dubbio sia una forma più autentica di fede rispetto ad una certezza assoluta?

Il problema, a mio avviso, non è credere in senso assoluto, senza dubbio, o il dubitare senza spiragli. Se ci sono due assoluti non c’è movimento. C’è pigrizia. Occorrono sia le risposte che le domande.

 

RAVAGNA

Il concetto di perdono è centrale nella religione cristiana. Come gestisce nel suo ruolo, situazioni in cui le persone lottano con il perdono verso sé stesse o verso gli altri?

 

Innanzitutto, dipende da cosa c’è da perdonare o cosa per cui essere perdonati. Il modello cristiano del perdono è Gesù che, nel Vangelo di Luca, perdona i suoi uccisori, come fa Santo Stefano, protomartire. Il Cristiano perfetto, il primo. Non tutti però riusciamo a giungere alla stessa perfezione. Il perdono è sicuramente il cammino. È una montagna da scalare, o un fosso da oltrepassare, dipende dall’entità della ferita. Può anche non arrivare mai.

Cosa pensa dell'importanza della preghiera quotidiana e del suo impatto nella vita delle persone?

La preghiera è un esercizio da non confondersi con la ripetitività. È un incontro da rinnovare, da intendere come occasione di rinnovamento, di autenticità. Non è la ripetizione di frasi vuote. La preghiera è un mezzo. Occorre chiedersi se io ho pregato Dio o se ho detto le preghiere nel senso più meccanico. Posso imparare a pregare, così come a perdonare, attraverso qualcuno che mi insegna a farlo. L’ostacolo maggiore alla preghiera è il rinchiudersi sul proprio io, pregare a misura di sé stessi.

 

La religione può offrire risposte per le problematiche morali e sociali contemporanee? Se sì, in che modo?

La religione offre risposte in quanto è occasione, come detto, di uscire da me considerando gli altri e considerando un Altro che ogni religione pone a fondamento del mondo. Con i suoi codici e le sue strutture, la religione dà una visione del mondo che permette una convivenza tra le persone. Sul piano cristiano, la religione offre risposte e proposte morali che nella misura in cui vedono nell’altro un’entità che viene spesso prima di me sono a sostegno della convivenza e della comunione. Ora più che mai.

 

GENTILE

Qual è l'insegnamento cristiano che trova più difficile trasmettere alle nuove generazioni e perché?

(esita). Quello, non esclusivamente cristiano, del non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te e viceversa. Ciò di cui spesso mi accorgo è che spesso prevale l’io sugli altri. È più facile amare Dio che il vicino, il simile.

RAVAGNA

In momenti di incertezza o difficoltà, quali parole o passaggi biblici trova più confortanti per sé stesso e per gli altri? Pensa che la spiritualità debba essere vissuta in modo soprattutto individuale o è più importante la dimensione collettiva della fede?

 

Non possono essere disgiunte, separate. Nella dimensione cristiana, tutto è affidato all’impegno e alla scelta di ciascuno. Ma la dimensione collettiva serve a riconoscerci tutti nel rapporto con Dio. 1700 anni fa, si è celebrato il primo Concilio della storia. E si è dettato il paradigma di Dio. Ha consentito di capire meglio ma ha dato dei parametri e dei vincoli.

 

Come vede il rapporto tra fede e scienza? Crede che siano compatibili o ci sono degli aspetti in cui si scontrano?

Non c’è alcuno scontro né alcuna opposizione. Quando ero piccolo, ai tempi della scuola elementare, la maestra in modo molto semplice aveva risolto una questione molto semplice. La Bibbia spiega dei perché, la scienza spiega il come. Ci sono ambiti di pertinenza, di competenza. Il problema è porre le domande sbagliare alle realtà sbagliate. Non sempre i cristiani hanno saputo leggere la Bibbia nel suo messaggio. Oggi però è tutto molto chiaro. Che il mondo sia stato creato viene dalla religione. Che sia stato generato dal Big Bang, o attraverso una minima fluttuazione di una particella viene dalla scienza, ma non cambia rispetto al messaggio della fede.

Come affronta la questione della sofferenza umana e come cerca di dare un senso ad essa in relazione a Dio e alla fede cristiana?

È un tema molto delicato. Mi arrabbio molto quando sento, di fronte ad una sofferenza, che è la croce che Dio ha messo addosso. Dio non mette croci. Ci sono circostanze che ci troviamo a vivere, altre che scegliamo, fatalità o intenti. Penso che Dio stia aiutando una persona anche dentro la sua sofferenza. Aiutarla significa farlo in punta di piedi. Dio c’entra sempre con te, nel bene e nel male.

 

MICHELONI

Cosa significa essere fatti "a immagine e somiglianza di Dio" nell'era della tecnologia avanzata?

 

Che cosa fa dell’uomo l’essere ad immagine e somiglianza di Dio è cambiato molto nel corso della storia. Anticamente era avere la ragione. Oggi riconosciamo che è un essere più totalizzante: ragione, volontà, desideri. Nell’era in cui tutto è falsificabile, forse il punto di soluzione è l’autenticità che è in ognuno di noi, l’impronta di Dio, diversa e unica, in ognuno.

L’uomo è da sempre chiamato a conciliare le sue anime. L’uomo si sta allontanando da questo concetto di essere parte della natura?

È difficile dare una risposta sola. Ci sono persone che oggi tornano alla natura in modo esasperato. La convivenza tra l’uomo e la natura è sempre stata difficile. La sopravvivenza di entrambi passa dalla sopraffazione dell’uno sull’altro. Ma ci sono anche persone che esasperano la macchina come salvezza opposta. Stiamo cercando soluzioni facili, estreme, spesso strumentali al bisogno del momento. E chi decide quale opzione prendere? A scuola dovremmo dire “decidiamo noi democraticamente”. Ma forse dovremmo lasciare che chi ha potere, su nostro mandato, decida per noi.

 

Che importanza e che ruolo svolge l’idea di sacrificio, o di martirio, nella nostra società?

È una parola difficile da declinare. Va staccato il sacrificio dal concetto di martirio. Il martire consegna la sua vita per la testimonianza della fede. Il sacrificio invece è l’offerta di qualcosa di nostro per qualcosa di più grande. Il più significativo credo sia sempre quello di un genitore verso il figlio.

 

Secondo lei la felicità è uno stato che si può raggiungere solo con la spiritualità o anche con la materialità? Che equilibrio c’è tra queste due forze? Quale prevale nella società odierna?

 

La felicità credo non sia solo un’emozione e un appagamento momentaneo. Quella passa dalla materialità, dal possesso. Se però la intendo come qualcosa di duraturo, di costante, di solido, allora essa ha bisogno di spiritualità, di una tensione superiore. Oggi la società odierna o, meglio, la sua narrazione, fa prevalere una materialità ostentata. Ma nell’interiorità di ognuno non si può andare. La seconda non è misurabile, né postabile sui social. La società si racconta in un modo ma poi non so cosa senta ognuno.

GLIGA

È individuale o necessita dell’aiuto degli altri?

Ha bisogno sempre di un abbraccio, di un aiuto degli altri. È un fattore anche culturale. Se la società si costruisse sulla dimensione spirituale, la alimenterebbe con immagini e proiezioni in questo senso. Oggi sicuramente è la parte materiale che prevale.

Secondo lei, è ancora importante il celibato dei sacerdoti?

Non tutta la chiesa cattolica ha preti che non si sposano. La differenza è tra la chiesa latina e quella orientale; gli occidentali non si sposano, gli orientali sì. Il celibato non è importante dal punto di vista spirituale ma lo è dal punto di vista pratico. Una persona che si dispone a servire la comunità non sarebbe altrettanto disponibile con una famiglia a carico.

 

PIETRA

Tra i problemi principali di una comunità ci sono soprattutto l’emergenza giovanile e l’assistenza agli anziani: in questi mesi ha individuato qualche iniziativa concreta che la parrocchia può mettere in campo (o sta già adottando) per rispondere a questi bisogni?

 

Nei confronti degli anziani è un po’ più facile in quanto ci sono persone già disponibili a supportare; l’anziano è di solito a casa, facilmente raggiungibile. Una situazione complessa, con i tanti anziani rispetto ai pochi giovani, ma più codificabile. Con i giovani è più complesso. Ci sono esigenze diverse, i giovani non sono sempre localizzabili, hanno esigenze molto diverse e non sempre leggibili. Un anziano spesso riconosce il ruolo e il significato del prete e della chiesa; un giovane spesso no.

 

Quali sono gli ambiti in cui vede la necessità di un maggiore impegno da parte della comunità cristiana?

L’emergenza, qui a Bozzolo, non è così differente rispetto alle realtà limitrofe. Sicuramente ciò che condividiamo con il contesto che ci troviamo a vivere è una scarsa considerazione che si rivolge alla Chiesa; questo genera sfiducia e difficoltà nel creare ponti. Lo riscontro nei giovani ma anche nelle famiglie. La chiesa, come istituzione, vive la fatica che ogni istituzione vive in questo tempo storico: scuola, chiesa, ospedale, impegno politico e civile. Il cristianesimo nasce come movimento e diventa istituzione. Oggi lo scarto è ancora più forte.

SACCENTI

Secondo lei, come si possono abbattere i confini mentali tra persone di diverse etnie e avere uno scambio culturale e religioso?

Ci vuole innanzitutto voglia di ascoltare gli altri. Poi, seconda cosa, occorre voglia di imparare, voglia di studiare la situazione dell’altro. Quindi, evitando il più possibile ogni pregiudizio, il muro che mi impedisce di fare il salto. Se io mi fermo di fronte ai miei pregiudizi, non se ne esce. Devo mettermi in ascolto, andare incontro alla differenza.

 

Oggi molti giovani come noi si sentono lontani dalla Chiesa. Secondo lei, perché succede e come può la Chiesa farsi ascoltare di più?

Succede perché, forse, le sue risposte, complesse e articolate, arrivino molto tardi come quesiti a cui si cerca una soluzione. Oggi siamo una società piuttosto immatura, tardiva negli appuntamenti di senso. Apparentemente, ciò che offre la chiesa non è una priorità. Diventa un’occasione persa.

 

MICHELONI

Meglio tante religioni insieme o una sola polarizzata? Quale società è più democratica?

Come cristiano, mi verrebbe spontaneo pensare che sarebbe bello un mondo interamente cristiano. Ma, essendo tutti in ricerca personale, una situazione in cui ci si può confrontare, insieme e diversi ci si arricchisce. Nella Bibbia si dice che Dio a volte parli attraverso persone di altre religioni. Le figure emblematiche della Bibbia vengono talvolta da altre religioni. La pluralità crea ricchezza, consente di farsi domande.

 

Come definirebbe il suo operato: una missione o un lavoro? Cosa risponderebbe a un giovane che si sente distante dalla religione ma in cerca di verità?

 

Gli direi di continuare a cercare. Se poi volesse, gli racconterei la mia esperienza, sperando che sia utile per lui.

 

BORELLI

Secondo lei come può la chiesa contribuire a ristabilire un clima di tolleranza tra persone diverse tra loro?

Può annunciare e testimoniare quanto prima ho detto. La capacità di perdonare, la capacità di ascoltarsi, la necessità di farsi delle domande. L’idea di mettersi a servizio dell’altro, anche nella diversità delle sue posizioni.

PIETRA

Il ruolo della famiglia nella formazione di noi giovani sembra oggi cambiato, quasi “deresponsabilizzato” dai suoi compiti di guida e sostituito in ruolo di complice o di “amico”, lei come educatore che lettura può dare della genitorialità odierna?

Non ho una risposta chiara e univoca. C’è una crisi degli educatori: genitori, insegnanti, adulti. C’è una crisi anche di cosa pensiamo sia l’educazione. Se intendiamo per essa il far emergere le voglie di ciascuno, allora diventa difficile provare a dire come educare. Se la volontà diventa giustizia, è molto rischioso. Possiamo recuperare, credo, degli aspetti importanti di convivenza per aiutarci a superare questa crisi. Noi parliamo di famiglie che un tempo educavano, ma spesso, più della famiglia in sé, c’era una comunità molto coesa, molto allineata nella visione educativa. E il ragazzo trovava nella comunità le stesse risposte che avrebbe trovato nei genitori. Possiamo provare a costruire una cultura, nel senso alto, che ci consenta di educare. Di far capire che non s può essere il prodotto di ciò che gli altri vogliono che tu sia.

Spesso assistiamo a notizie o fatti nei quali la figura di Dio e della cristianità vengono “usate” per raccogliere consensi e/o per raggiungere scopi al servizio del male o del potere, secondo lei perché l’uomo moderno non riconosce queste insidie e anziché combatterle le subisce?

 

Ci sono anche pubblicità che usano anche riferimenti religiosi, per promuovere il prodotto. Andando alla domanda, più profonda, la religione può anche rappresentare uno strumento di abile manipolazione. Dà sicurezza, dà coesione. Può essere qualcosa su cui fare leva. Abbiamo tutti bisogno di paladini e di bandiere in cui riconoscerci.

 

MICHELONI

Il prete vota? E come?

Certo, e il suo voto deve essere conservato anche di fronte alle persone che possono essere influenzate da lui. Ho la mia idea politica, faccio parte di un Paese, ma non devo essere il pastore e la guida di persone che la pensano esclusivamente come me.

PIETRA

Tornando al dialogo interreligioso, ha qualche episodio o esperienza da raccontare su come la Chiesa può aiutare a superare pregiudizi o diffidenze tra culture diverse?

Non moltissimi. Mi è capitato, da insegnante, di avere in classe ragazzi appartenenti ad altre religioni, ed è stata l’occasione per conoscere più da vicino aspetti ed elementi di dettaglio. È stato prezioso. La Chiesa può certamente aprirsi agli altri, accogliendo, a partire dall’oratorio, situazioni diverse. Un po’ come fa la scuola. Gesti concreti, pratici.

 

GENTILE

Come possiamo, anche noi giovani, essere portatori di pace?

Penso che ciascuno di noi costruisca la pace attraverso le scelte di pace che ogni giorno compiamo. Cercando mediazioni tra noi e gli altri, evitando di farla pagare se abbiamo subito un torno, allentando la cultura della ritorsione. Spezzando la catena, disinnescando. E magari, da un punto di vista più alto, informandosi sulla complessità e cercando di andare a fondo delle loro ragioni.

Grazie davvero, don Francesco!

La redazione di Increscendo

bottom of page