MAI TROPPO TARDI
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Le persone che combattono la mafia sono estremamente coraggiose, resistenti e consapevoli di ciò che gli potrebbe accadere. Ispirano giustizia, speranza di una svolta o di un cambiamento. Come quando Falcone fece aprire gli occhi a una marea di persone, tra cui me stesso, svegliando chi doveva fare la guerra al mostro. Proprio per questo vengono prese di mira e tenute sotto controllo da Cosa nostra. Se solo ci fossimo svegliati prima dell'esplosione di Capaci...D'altronde non so come facciano a convivere con questo stile di vita malsano, estremamente ristretto e limitato, sapendo di essere a rischio ogni istante e di sottoporre i loro cari ad una quantità di stress assurda. lo, di certo, non resisterei più di una settimana rinchiuso in una gabbia, tenuto sott'occhio da numerose guardie sicuramente non snelle. E, poi, chi gestirebbe il mio negozio di peluche? Ormai è diventato anche un simbolo di svolta per me: lì finalmente, mi ero liberato dai tentacoli del mostro, scacciandolo coraggiosamente, anche se io, mia moglie e il nostro piccolo Giovanni appena nato l'abbiamo scampata grossa, per fortuna. Ora che tutti i soldi di ogni maledetto pizzo ci sono stati ridati, incarcerando gli uomini d'onore tramite la legge buona; stiamo restaurando e migliorando alla grande il nostro piccolo negozio in via Libertà. Inoltre, entro fine anno, inaugureremo una sorta di mostra dove sarà possibile vedere quel poco che è rimasto intatto e le foto dei danni causati da Cosa nostra o, come piace chiamarla a me, dal carciofo. Pur sapendo che questa piccola azione di bontà non potrà mai liberarmi dal mio senso di colpa immenso, faccio questo perché una piccola dose dei miei pizzi ha probabilmente contribuito all'attentato di Giovanni Falcone. Come regalo di compleanno al mio figliolo, in onore dei suoi dieci anni e in occasione del decimo anniversario dell'attentato di Capaci, ho deciso di svelare a mio figlio l'intera storia di Falcone e del motivo per cui pure lui si chiama Giovanni, facendogli così scoprire la verità che si cela dietro al suo tanto amato pupazzetto bruciacchiato.
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Lorenzo Araldi
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Caro diario,
rieccomi qui dopo tanto tempo per raccontarti un argomento, il quale mi risuona in continuazione nelle orecchie e che non riesco a togliere dalla mia mente.
Un argomento che quando si nomina, mi fa tremare dalla paura ed ora, è arrivato il momento di raccontartelo in prima persona, perché sì, sono io la protagonista di tutto questo che leggerai.
Sai cosa sono le vittime innocenti? La mafia? La legalità?
Beh, non so se lo sai, ma certamente, nel corso della mia storia comprenderai tutto.
Stavo tornando a casa da scuola, era il primo giorno di superiori e tutti erano felici ed entusiasti. Io ero molto felice per il grande cambiamento dalla scuola media alla scuola superiore. Tutti erano amichevoli e simpatici. Il mio ragazzo, Luigi, frequentava la mia stessa scuola e proprio questo giorno, mi aveva fatto la proposta di fidanzamento ed io gli avevo risposto, dicendo di sì. Per me, questo giorno, era il più bello della mia vita e lo porterò sempre scolpito nel mio cuore. Mi ricordo persino la data: 10 settembre 2019. Allo squillo dell’ultima campanella, Luigi, mi aveva detto che mi avrebbe aspettata all’uscita della scuola, con il suo motorino, pronto per portarmi a casa. Quando ero uscita, non vidi nessuno, allora io presi il mio telefonino e lo chiamai. Lui non aveva risposto ed io stavo camminando per tornare a casa a piedi.
In sottofondo avevo sentito un motorino e pensavo che fosse Luigi, tuttavia non era lui, erano dei killer che mi avevano presa e mi avevano usufruita come un cuscino. Il mio giorno migliore, sarebbe stato il 10 settembre 2019, ma il destino non voleva che questo accadesse, perciò, il giorno più bello della mia vita, lo vivrà qualcun altro. Dopo trentaquattro ore la mia morte era ufficiale e oltre a tutto ciò, come se non bastasse, il boss, il complice di tutto ciò, per minaccia e per intimidazione, aveva preparato un attentato ai miei genitori perché loro volevano giustizia per me. Il boss aveva posizionato una bomba davanti a casa, però nulla impedì di fermare mia madre e mio padre. Dopo il funerale, il comune mi aveva proclamata una vittima innocente, cioè una semplice ragazzina, di quindici anni, che non aveva avuto nessun tipo di relazione con la mafia, bensì, io ero una vittime delle circostanze di essa. Tutto ciò non aveva impedito ai miei genitori di lottare per la mia legalità e giustizia. Per me avevano dedicato una biblioteca intitolata “Sanvi”, proprio con il mio nome. I miei genitori avevano fatto denuncia per me ed iniziarono un'indagine. Nonostante la violenza, che ha frammentato la mia vita, la giustizia ha trovato la sua strada. Grazie alla determinazione dei miei genitori e alla memoria che non è stata dimenticata, il responsabile del mio omicidio, il grande boss, è stato condannato per aver violato tutti i diritti contro di me, in particolare il diritto alla vita che è una sola. Indietro nel tempo non posso tornare, spero che la mia morte abbia acceso una luce per chi come me e i miei genitori lottano contro la mafia per un mondo con giustizia e legalità vera e pulita. Spero che la mia morte abbia aiutato altre persone a non essere osservatori passivi. La mafia non è un problema che riguarda solo chi è coinvolto ma è un “carciofo” che corrode il tessuto di tutta la società, infettandolo con il suo veleno, minimizzando l’uguaglianza, la legalità, la giustizia e la verità. Per me la legalità è una scelta che riguarda tutti noi: è un impegno quotidiano per difendere i diritti e a non girarci dall’altra parte quando vediamo qualcosa di sbagliato. Solo mediante la lotta per la giustizia possiamo sperare di fermare il carciofo e costruire un paese, in cui nessun altro debba pagare con la propria vita per crimini che non ha mai commesso proprio come me. Spero che la mia morte sia un ottimo esemplare per mantenere viva la memoria, non dimenticandola, lottando con coraggio per un futuro sano senza corruzioni. La mia speranza è quella di un futuro, un domani in cui la giustizia non sia più una lotta contro il silenzio, ma una verità, una realtà condivisa da tutti noi. Io ero una vittima innocente, una ferita ereditaria ma ringrazio fortemente i miei genitori che non mi avevano mai lasciata come un’ingiustizia impunita, evitando al cattivo carciofo di espandere il suo veleno. Io ormai solo sono un’anima nel cielo ma spero che la mia storia potrà continuare a camminare.
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Arrivederci
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Sanvi Kamboj
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Caro diario,
anche stasera eccoci qui, sono le 19 e ho appena finito di mangiare con i miei e mio fratello più grande. Però oggi a tavola è tornato di nuovo quell’argomento di cui mi spaventa tanto parlare, soprattutto ora che ho cambiato scuola, amicizie e riferimenti sicuri per me. Da quando sono alle superiori non mi piace parlare di mafia, probabilmente perché, come sai, la situazione ed il rapporto che ha con essa la mia famiglia non verrebbe capito da nessuno… Nonostante nel nostro paesino in provincia di Palermo non sia una novità avere a che fare con la corruzione mafiosa, non mi sento a mio agio nel dire agli altri, a maggior ragione se non li conosco bene, quanto veramente vivo da vicino queste dinamiche. Ho bisogno più di ogni altra sera di sfogarmi con te, non so, avverto delle sensazioni strane. Entrambi ma maggiormente mio padre, essendo il sindaco del nostro paese, si è sempre battuto per diffondere i suoi ideali contro la mafia, e questo mi rende molto fiera di lui ma mi mette molta paura allo stesso tempo. Sento di non essere tutelata al massimo, ritrovandomi qui, perché molti capi e sostenitori mafiosi danno contro a mio padre… Mi capita quasi tutti i giorni di origliare le sue chiamate e ultimamente sembra che non tiri buon vento. Sempre a parlare di ricatto, di omertà, corruzione e intimidazione, tutte parole difficili e piene di significati contorti, nelle quali non c’è la distinzione nero o bianco, quello che nasconodono questi termini è molto più complicato… Spesso mi fermo, rifletto a lungo, e penso: “Se tutto questo non ci fosse più o ancora meglio, se non ci fosse mai stato!”. Purtroppo, però, dalla realtà non si scappa, anche se in questo momento vorrei trovarmi ovunque meno che qui…
Diario, ho paura, mi sono fermata per due minuti dalla scrittura perché ho sentito dei rumori strani al piano di sotto. Ora ho ancora più timore di prima, e se fosse arrivato davvero quel momento che mi turba da quando vivo con la consapevolezza della realtà e di tutti i rischi che comporta. Le mie gambe tremano, ho il cuore a mille, qualcuno con la voce imponente sta parlando con mio papà alla porta, penso. So che tu mi starai accanto e mi ascolterai, ti ho portato dietro al letto, non voglio staccarmi da te. Mia mamma è in lacrime, la sento nella stanza accanto con mio fratello. Mi ha sussurrato di non muovermi, non lo farò. Ma con te scrivo comunque. Sono le 20:07…
Non ricordo cosa volevo dirti tre minuti fa, mi stanno passando così tanti pensieri in testa. Il primo sparo, mio papà urla, le lacrime cadono sulle tue pagine, diario. Altri spari, stanno salendo con molta calma, come se sapessero che anche al piano di sopra ci sarebbe stato qualcuno. Sono nella camera accanto, ancora spari. C’è un silenzio tombale, solo passi che rimbombano sul parquet. Sono entrati, ti avevo detto che mi sentivo una brutta sensazio…
Ho trovato questo diario sotto il letto dopo qualche giorno dalla perdita di quasi tutta la mia famiglia. Sono lo zio di Sara, fratello di suo padre, e purtroppo il paese è stato costretto a cambiare sindaco. Ho deciso di non votare alle elezioni, non me la sentivo. Sara spesso mi parlava delle sue paure ma io l’ho sempre tranquillizzata dicendo che una disgrazia del genere non sarebbe accaduta mai. La mafia è capace di privare chiunque ne faccia parte della sensibilità umana che è normale provare.
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Anna Maria Minari
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