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I RE SENZA CORONA

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Immaginate una distesa apparentemente interminabile e vuota, nel buio della notte: tutto quello che si riesce a sentire è il vento e la sabbia da esso mossa. Non sembra esserci alcuna forma di vita in questo spazio di eterna attesa e sospensione, in una dimensione ignota di incomprensione esterna che diventa non conoscenza, innanzitutto, di se stessi. Ecco, in realtà questo deserto è colmo di esseri e piante e quella che credevamo essere notte era una benda sui nostri occhi che oscurava la visione di qualsiasi cosa presente attorno a noi. Questa potrebbe essere la più semplice metafora per spiegare in maniera efficace la piccolezza dell’uomo. Esatto, intendo proprio quanto la persona umana sia insignificante rispetto alla grandezza filosofica e concreta dell’universo contenente la magnificenza di un firmamento naturale da cui noi stessi proveniamo e in cui, sempre noi, abbiamo fondato la nostra gloriosa storia di “homo viator”, viaggiatori, o meglio pellegrini, in un continuo mutamento intellettuale e spostamento fisico per poter vivere in una condizione di appagamento e sviluppo della propria personalità, sentendoci così esentati o alleggeriti dal fattore di inferiorità, visto da noi come una colpa, rispetto a tutto ciò che ci circonda. Questo scardinamento del naturale schema di introspezione riflessiva nel riconoscimento dell’esistenza di una casa comune, la natura, implicando così uno stato di convivenza civile con tutto ciò che ci viene posto davanti in una panoramica di fratellanza, porta alla creazione di uno dei più grandi cancri della società: la convinzione assoluta, priva quindi di effettive verifiche personali, della netta supremazia dell’uomo e del proprio ego spropositato rispetto ai naturali equilibri creatisi con l’evoluzione e lo sviluppo nella storia. Le conseguenze? Il più grande risvolto di questa condizione è lo scoppiare di conflitti di interesse contro l’altro e contro se stessi, in uno stato di debolezza d’animo eccessivamente colmato con la religione della propria personalità e l’elogio delle maschere che si creano per coprire questi lati caratteriali che, abusando ancora una volta, chiamiamo colpe, come se fosse un peccato avere dei difetti. Mi piace definire queste persone, che basano la vita sulla contemplazione di se stessi, “re senza corona”; alla fine è come se fossero proprietari e costruttori di una propria corte ma senza sudditi o senza un vero e proprio castello perché questa percezione di possesso e superiorità non è altro che l’inesistenza stessa di questo castello che tanto si osanna. La realtà, però, è che queste illusioni servono solo a far sentire queste persone sicure di sé e a coprire le lacune create dalla non accettazione, ma anche conoscenza, della propria persona. Lo so, è difficile immaginare dentro il cuore di un Trump, un Putin o un Musk un piccolo re che si veste con abiti lussuosi ma fatti di carta, che prova a sedersi su un trono ma si rompe perché costruito con materiali inesistenti. Ecco, forse la realtà è proprio che queste personalità, tanto enigmatiche quanto fondamentali per il nostro presente, nascondono dentro tante maschere che vanno a coprire aspetti più piccoli e che, se mostrate, a noi potrebbero fare tenerezza. Il problema è che se mostrassero queste panoramiche, il proprio “lato b”, di chi sono veramente proprio noi, popolazione civile, non li acclameremmo tanto quanto facciamo adesso, creando un "repulisti" che filtrerebbe il tifo politico spostando il focus dalla personalità del leader politico all’idea che proprio queste persone portano. Ecco, questo porta tutto verso di noi, forse siamo proprio noi che creiamo i mostri di cui poi ci lamentiamo. Forse dovremmo essere proprio noi custodi del tempo che stiamo vivendo, per ricostruire solide basi e riscrivere le sorti a cui ci stiamo sempre più tristemente arrendendo, pensando ad una provvidenza quasi divina che l’uomo stesso crea nei muri “a serratura” da lui stesso costruiti. Parlo di muri “a serratura” riferendomi a tutti quegli schemi idealizzati di una perfezione inesistente fondata sulla divisione della società in una visione del potere come un “dividi et impera”. La serratura qui risiede nel fatto che queste barriere possono essere scardinate tramite le chiavi dell’affermazione popolare per una riflessione sulla cittadinanza, ridimensionando quindi le modalità in cui concepiamo la normalità e la giustizia dell’essere umano. Questo porterebbe a vantaggi inimmaginabili, mi raccomando però: ciò non deve far pensare che io voglia così “eliminare”, ad esempio, figure citate precedentemente come Donald Trump o Putin, ma vorrei che si ridimensionasse l'entità umana in uno stato di contemporaneità tra pudore reciproco con tutto ciò che si ha attorno ma anche di sana competitività per far cessare d’esistere le corone d’ego e creare, o almeno provare a creare, piuttosto giuramenti democratici fondati su una coscienza e una riconoscenza delle responsabilità personali e comuni. Forse solo così ci dimenticheremmo le dittature, i dispotismi e tutte le privazioni di libertà.

Alessandro Micheloni 

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