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L'UOMO, IL PASTORE

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Papa Francesco, Josè Maria Bergoglio, Giorgio per la lontana cugina italiana che aveva conosciuto tempo fa. Il Pontefice, preso “dalla fine del mondo", come si definì lui stesso appena affacciato per la prima volta su piazza San Pietro all'urlo di Habemus Papam dopo il Conclave che lo elesse diretto ereditario e successore dell'apostolo Pietro. Una figura con una risonanza sociale talmente forte che, personalmente, ritengo necessario definire il primo Papa del Sudamerica; una personalità che ha plasmato, e tramite i suoi messaggi continuerà a plasmare, il nostro tempo diventando un sigillo di questo secolo martoriato da continui conflitti. Uno degli aspetti che ritengo fondamentali per descrivere il pontificato del "buttafuori di San Pietro", come mi piace definirlo dato che in Argentina per guadagnarsi da vivere fece il buttafuori in una discoteca della capitale, è sicuramente l'umiltà e la semplicità con cui ha trasformato la visione dell'istituzione clericale portandola da una prospettiva di lontananza rispetto ai fedeli ad una dove, il fedele stesso, diventa la forza dell'organo cattolico nel mondo: insomma, da Francesco la Chiesa non si reggerà più su un pensiero gerarchico, cosa che si era verificata con dinamiche passate, ma sull'onda generata dalla semplicità come eco del messaggio del Vangelo che crea così comunità di volontà e non di costrizione sulla base di uno stereotipo sociale (quale può essere quello di dover essere cristiani rispetto al voler esserlo).Sono rappresentazione di questo messaggio di Bergoglio la semplicità con cui ha vissuto questi dodici anni, continue rinunce a tutti i lussi di cui un Pontefice avrebbe diritto fino alla morte: guardando quella bara che da mercoledì a venerdì sarà esposta a San Pietro non si può che pensare ad un feretro comune senza catafalchi o molteplici strati di legni pregiati. Ecco, forse la missione di Papa Francesco è stata proprio quella di marcare che il Pontefice è autorità ma non è autoritario, è un semplice uomo che quando si presenta come pastore (ruolo che Bergoglio ha sempre voluto intendere nelle sue dichiarazioni) saluta tutti, chiede di pregare per lui e, incredulo della sua elezione il 13 marzo 2013 nella semplice umanità che vuole dimostrare e non ostentare, dice un altrettanto semplice "buonasera".Questo basterebbe a riassumere tutto ciò che da quella sera al 21 aprile di quest'anno abbiamo vissuto. Uno dei valori che più mi ha colpito di questo pontificato è la globalizzazione della Chiesa. Mi spiego meglio. Che il cattolicesimo fosse universale si era già capito: ma questa universalizzazione implica la presenza di un centro che è cardine del potere. Ecco, Francesco ha scardinato questa importanza aprendo le frontiere della Chiesa permettendo a qualunque comunità lo volesse di condividere il cuore dei valori cattolici. Dimostrazione di ciò è il Giubileo straordinario della misericordia del 2015, dove una porta Santa fu quella di Bangui, capitale della Repubblica centrafricana. Un ulteriore valore che mi rimarrà sicuramente impresso del "Papa del Popolo" è la sua vicinanza al dialogo interreligioso con parole che abbattevano i muri delle diverse fedi permettendo a tutte le orecchie di ascoltarlo. Ovviamente la sua innovazione e il suo impegno in riforme che hanno preso tutti gli ambiti possibili, dalla "pulizia" della curia romana alla lotta contro la pedofilia, penso siano riuscite a far dimenticare a tutti noi lo standard di Papa progressista o conservatore, in una dinamica di giusto equilibrio tra il rigore e la tradizione e la giusta dose di apertura. Inoltre la sua tenacia e costanza, fino all'ultimo giorno di vita con un giro in Piazza San Pietro, con tanto di abbracci e dimostrazioni di affetto testimoniano, a parer mio, una fede pura e che urla speranza, tema scelto proprio da lui per questo Giubileo che ora finirà in mano al suo successore, in una lotta tra la vita e la morte. Andarsene il giorno dopo Pasqua, però, vuol dire rimanere. In una chiave di lettura cristiana colpisce anche la casuale coincidenza che Francesco abbia lasciato la Terra proprio mentre il mondo era in festa per la Resurrezione. Alla fine, come ricorda lui in un testo inedito uscito in questi giorni "La morte non è la fine di tutto": ovviamente, per un credente, questa affermazione è vera perché si ha fede in una vita successiva in Paradiso, ma nel piano delle idee terrene questa cosa prende ancora più importanza quando decidiamo di diventare testimoni di questo impegno del Papa di tutti. Ora è il tempo di voltare pagina, purtroppo tutto finisce, penso sia il tempo di pensare anche al dopo Francesco: i nomi sono tanti, dagli italiani Parolin, Pizzaballa o Zuppi a quelli degli angoli più remoti del mondo come i cardinali Tagle, filippino, o Sarah, guineano.

 

Toccherà al Conclave decidere.

Micheloni Alessandro

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