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RADICI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bozzolo, 25 aprile 2025

 

Buongiorno, ciao, salve… a dire il vero non so neanche io come iniziare questa lettera. Infatti oggi il mio intento è rispondere a tutti voi, autori dell’Italia di oggi, coloro che hanno lottato fino al sacrificio della propria vita per estirpare il nemico nazi-fascista: oggi farò un salto oltre le barriere temporali per cercare di dare una degna continuazione all’eredità che voi, partigiani, ci avete lasciato. Un’onda democratica di circa 25.000 unità, tra uomini e donne, anziani e giovani, ricchi e poveri, che si sono mobilitati dalla fondamentale data dell’8 settembre 1943 (firma dell’armistizio di Cassibile) per frenare la furia megalomane dei grandi dispotismi europei nella seconda guerra mondiale: la schematica follia hitleriana e la macchina d’odio mussoliniana. Quindi, dopo questa doverosa premessa, penso sia fondamentale partire con i veri riscontri tra la vostra resistenza e la realtà di oggi. Leggendo le vostre lettere, cercando di entrare nella vostre menti, nei vostri ultimi istanti in questo mondo, ho potuto capire che la vita che lasciate in mano alle fucilazioni destinatevi, perché oppositori, è solo un passaggio momentaneo, una collocazione momentanea dei vostri valori, delle vostre idee, come se il vostro corpo diventasse concretizzazione dei pensieri per cui avete lottato. La vostra vita, per questo, non finisce nella tragedia del sangue versato per il desiderio futuro della democrazia, ma continua nella speranza che l’eredità da voi lasciata, anteponendo a voi la Patria e il dovere cittadino, possa essere presa e tramandata di persona in persona, come quella ricetta che tutte le famiglie hanno e che tengono a portare avanti, per rendere più semplice il paragone. Oltre le righe delle vostre lettere, che ancora oggi leggiamo come baluardo di memoria, scritte sul punto finale del vostro calvario dopo aver ricevuto la sentenza da parte di tribunali nazisti o fascisti di pena di morte, intravedo la necessità di sapere se nell’Italia del vostro domani, nostro oggi, sia andato perso o meno il vostro sacrificio.Per farvelo capire voglio raccontarvi quello che è il tempo che ogni giorno viviamo, un tempo in cui la dimensione dei valori umani è in uno stato di attesa e sospensione in dinamiche del passato che sempre di più accrescono di importanza e violenza, spostandosi anche su teatri tragici e lontani da quello che si è sempre pensato essere il centro del mondo, l'Europa. Infatti da una parte abbiamo un conflitto armato in Medio Oriente tra le forze di Hamas e lo Stato di Israele; spostandosi nell’ex blocco sovietico abbiamo una guerra che si attesta per arrivare a cinque anni di lunghi attacchi da parte della Russia nei confronti di territori contesi in Ucraina; infine, oltre che altre centinaia di situazioni tese nel resto del mondo, abbiamo un terribile inizio negli Stati Uniti d’America di politiche segregazioniste e contro l’unità occidentale per costruire paci stabili. Tutto questo è presagio, contemporaneamente, sia di una sempre più precaria stabilità sociale ma anche di un allontanamento dalla memoria collettiva che il vostro ruolo di martiri dovrebbe trasmettere colpendoci nella parte più sensibile di noi. Forse, al giorno d’oggi, vi riteniamo scomodi perché le solide radici per costruire il ponte della coscienza democratica impediscono all’uomo stesso di inseguire i propri scopi egoistici e megalomani, in una visione del mondo come di uno scacchiere da spartirsi senza pensare alle conseguenze nel piano singolare. Realtà, quella dell’unità comunitaria, che vede altri grandissimi ostacoli da dover superare: fenomeni come l’immigrazione, la denatalità o la perdizione giovanile compongono sfide concrete che qualunque organo politico, a partire dai comuni, sta imparando a superare per creare un nuovo senso di cittadinanza e coesione per manifestare i valori che, con la vostra immolazione, avete voluto urlare per creare un eco nelle pagine della storia umana. Ed ecco, proprio qui si concretizza il peso dell’attesa nel sentire fondamentali le idee di cui voi siete testimoni ma anche l’incapacità di potervi adempiere completamente in quanto risulta impossibile in un mondo quale questo. Però, la cosa che deve rincuorare tutti noi che siamo vostri eredi, è che voi siete riusciti a fiorire portando un vento di democrazia dove tutto sembrava finito. Da questo mi viene consequenziale chiedermi se serva tutto questo, scenari come la guerra o la dittatura, per riconoscere l’importanza delle libertà fondamentali umane. A questo punto penso a figure che possono essere legame con la vostra missione: un esempio lampante è la personalità di Papa Francesco, pontefice argentino che proprio in questi giorni è venuto a mancare puntando il riflettore su tutte quelle parole universali e pacifiste da lui pronunciate e di cui forse non siamo ancora pronti. Lui, come voi, ha deciso di non imbracciare il fucile ideologico del lamento e dell’attacco, preferendo invece la missione della pace e della democrazia in un monito all’umanità, oltre le proprie convinzioni religiose o ideologiche. Se ci penso, il pontefice che proprio domani saluteremo per l’ultima volta, è un partigiano dei nostri tempi quanto voi, ma con mezzi e modalità diverse: forse è proprio questo quello che servirebbe al giorno d’oggi, essere partigiani, quindi lottare per una causa dando “pepe” alla nostra vita e alla nostra cittadinanza, ma adattandosi ad un tempo che ha esigenze diverse ma con lo stesso scopo di sempre, la libertà. Eccoci arrivati alla fine di questa lettera che spero possa aver risposto a tutti i vostri dubbi in un confronto col nostro presente. Voglio salutarvi (non lasciarvi) con una frase di un sacerdote e partigiano come molti di voi e che altrettanti di voi hanno conosciuto grazie anche al suo giornale, don Primo Mazzolari, che penso rappresenti l’oggi in una maniera esatta per concretizzare l’attesa della realizzazione dei nostri sogni democratici e di libertà. “La liberazione non è mai la libertà sognata”.

 

Saluti calorosi e buon 25 aprile a tutti, 

 

 

Alessandro Micheloni

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