L’ALBA DEI PONTI
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Nella vicenda di Davide e Golia, che troviamo nelle Bibbia e che narra l’epico scontro tra il pastore israelita Davide e il gigante guerriero filisteo Golia che ha come esito finale la sconfitta di quest'ultimo per merito di un sasso lanciato da una fionda di Davide, c’è un passaggio che viene spesso, troppo, sottovalutato perché ritenuto normale: il volo che fa il sasso da un personaggio all’altro della storia. Infatti questo elemento tanto insignificante quanto fondamentale riesce a uccidere l’antagonista dello scritto del Profeta Samuele ma, se visto in un’ottica diversa, potremmo dire che crea un ponte tra loro due. Alla fine è come se la vita di Davide, in quel preciso istante, puntasse tutto su un risultato positivo di quella lotta, mentre Golia usa tutte le sue energie per sperare in una sopravvivenza e per combattere. E se quella pietra si fosse mossa, al posto che su un’arma quale la fionda, su un ponte, e che quindi non avrebbe portato discordia e morte ma riscontri di disapprovazione reciproca che avrebbero portato a una crescita dei due?
Cambiamo i nomi e tutto fila. Robert Franciscus Prevost, al secolo Papa Leone XIV, e Donald J. Trump, 45esimo e 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Lo so che può sembrare strano pensare al mito di Davide e Golia storpiandolo con un ponte e con queste due figure, ma mai come adesso abbiamo due “fratelli” di Nazione, in quanto condividono entrambi la cittadinanza statunitense, che messi su un piano morale, diplomatico, e sicuramente di potere, devono decidere come e se convivere.“Annuntio vobis gaudium magnum: Habemus Papam… Cardinalem Rober Franciscus Prevost.. Qui sibi nomen imposuit Leone decimi quarto” 8 maggio 2025, sono circa le sette di sera e gli occhi del mondo sono puntati su un balcone. E che balcone: l’affaccio principale di Piazza San Pietro in Vaticano dove, questione di momenti, verrà annunciato il nome e l’identità del successore del primo Papa San Pietro apostolo. Poi, la sorpresa. Come sempre nessuno se l'aspettava, i fedeli con in mano bandiere peruviane o stelle strisce esplodono di gioia e la massa, dopo frangenti di esitazione, segue il corteo di esultanza. Ecco, la prima eco percepita da molti è stata quella del fardello che proprio gli Stati Uniti adesso portano, con un presidente di sempre più dubbia credibilità e una sempre più alta risonanza per i rischi che porta con sé. Poi, dopo le prime ricerche social, un velo di tranquillità cala su tutti: “è progressista” dicono in tanti. Personalmente ritengo che questo non basti per “eliminare” la paura istantanea nella nazionalità dell’appena eletto 267 esimo Pontefice. Forse proprio Leone è qualcosa in più, gioca su un altro piano. Infine, per far tirare un sospiro di sollievo ai più, le parole arrivano prima di tutto: “Che la pace sia con tutti voi”, il saluto evangelico, ma che ora prende una risonanza talmente tanto universale che sembra stiamo dimenticando le agiografie dove i Santi hanno gli occhi alzati in lode. Ora si agisce, ora si rimescolano le carte e, perché no, le regole di questa partita che è l’equilibrio globale che mai come ora si è sintetizzato nella scelta del successore al Soglio Pontificio, cardinali da tutto il mondo e con chiavi di lettura del mondo stesso tutte differenti. Molto semplicemente già la scelta del nome, come per Francesco, rappresenta già un solco, una firma: l’ultimo dei Leone è stato colui che viene spesso definito come il “Papa sociale”, infatti colui che ricordiamo col nome di battesimo di Vincenzo Gioacchino Pecci fu il primo Pontefice ad avvicinarsi alla dimensione degli ultimi con l’enciclica “Rerum Novarum” (letteralmente “Delle cose nuove”). Ecco, quello di Leone XIV è un salto epocale che sembra dare un fischio di fine alla partita dei papi del Novecento, pur non dimenticando le novità da loro portate, iniziando un nuovo match: quello per l’unità e le supremazia del bene che “Prevarrà sul male” come ci ha proprio ricordato nel suo discorso post elezione, con parole che sembrano ricamate col filo del dialogo o costruite con i mattoni che creeranno ponti. Proprio di ponti ha parlato ieri, dopo aver detto per ben dieci volte la parola pace ha fatto riferimento al dialogo e alla capacità di assimilare quanto ascoltato ben tre volte facendo buon uso della metafora del ponte che crea unità e un cammino comune per superare le insidie, assimilabili a torrenti pericolosi sottostanti proprio a questi ponti, che potrebbero nascere quando diamo vita a ferite del passato. Ne sono esempio l'attuale guerra in Ucraina, l’ancora più attuale conflitto a Gaza e l'attualissimo scoppio di un’offensiva militare nel Kashmir da parte dell’India nei confronti del Pakistan. Ecco, forse proprio qui scopriamo l’importanza di far arrivare dei sassi. Sì, proprio delle pietre, di varia grandezza a seconda di quanto vogliamo opporci: dai sassolini a intere montagne. Il modo in cui lo fa Davide è quello con cui lo fa ancora l’uomo di oggi, con violenza e senza pensare alle conseguenze, anzi, pensandoci, ma sprezzandone il pericolo. Infatti il vero valore di queste critiche non dovrebbe essere il peso con cui arrivano, ma il contenuto che portano; d’altronde, se il focus fosse sulla potenza che hanno, le chiameremmo attacchi e non sarebbero certamente momenti di confronto, vero? Per vedere questa metafora nella realtà non posso che non pensare, per l’appunto, ai due americani più “importanti” al giorno d’oggi, Trump e Leone 14esimo.Infatti commenti passati ed esperienze di vita di quello che all’epoca chiamavamo Cardinal Prevost ci fa pensare e ci fa vedere l'identikit di una personalità sì mite e capace di ascoltare, ma sicuramente distante da quelli che sono i piani, per esempio, contro i migranti del Presidente americano. Nonostante ciò Prevost non ha mai creato una dimensione d’odio o di scalpore dietro a questa posizione: ha lanciato il sasso, ma non ha concentrato la forza sul lancio, ma sulla costruzione di un ponte che permettesse di non fare del male a colui che subiva le “critiche”, se tali le possiamo chiamare. Quindi, da una parte abbiamo il Golia della situazione, sicuramente un The Donald che a differenza del mito sta reagendo con orgoglio e un’apparente volontà di dialogo, e dall’altra un nuovo Pontefice pronto a coronare l’alba di un nuovo tempo dove tra gli uomini non ci sia un rapporto di offensiva e controffensiva, preferendo dipingere tele di pace e armonia dove si innalzano solo ponti e non barriere.
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Alessandro Micheloni
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