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IL TEMPIO DELL’UOMO

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Sin da quando l’uomo si pone domande e fonda società organizzate su criteri di comunità esistono tre colonne che sorreggono il tempio dei valori umani dettando visioni differenti che portano, poi, a scelte e curvature nella società stessa differenti: la religione, la massa e la politica.

La prima, definita dal filosofo Karl Marx come “L’oppio dei popoli”, è l’insieme dei culti e delle devozioni di un gruppo di persone verso tutto ciò che viene ritenuto sacro e che rientra nella sfera dell’esperienza di vita della dimensione filosofica di qualcosa che vada oltre i limiti dell’uomo stesso, in un connubio tra ciò che è terreno e concreto e con ciò che è soprannaturale e spirituale. Poi abbiamo la politica. Per capirne il senso basta trovare il suo etimo “l’arte di governare”, ovvero la volontà di dedicare la propria vita ad una missione civica di amministrazione, cura e salvaguardia di un territorio (nazione, regione o qualunque divisione esso sia) che si sente proprio e nel quale risiede un legame di gratitudine. Infine, nelle tre fondamenta della società troviamo le masse. Paradossalmente iniziamo a parlare di “società di massa” solamente dalla Belle époque, fine ‘800 inizio ‘900, dove l’avanzamento di un periodo di ricchezza e pace porta alla nascita di una società sempre più omologata e avanzata sotto l’aspetto dei vizi e dei lussi. Ad oggi per massa intendiamo però un concetto ancora più ampio: tutto ciò che è la mancanza dell’opinione singolare preferendo un’unica voce corale. Quindi, a questo punto, come possono unirsi i concetti e le fazioni sociali appena elencate? Tra esse vige un rapporto di collisione o è possibile anche un dialogo attivo? Per rispondere a questa domanda viene subito in mente una riflessione in merito ad un riflesso temporale ed evolutivo delle tre colonne. Da una parte abbiamo un potere religioso da sempre presente nella storia umana come istituzione di sicurezza che garantisce ai popoli una speranza, quella del raggiungimento spirituale della felicità, anche nei momenti dove tutto sembra smarrito. Un concetto, questo, che trova veramente un confine sottile di un’ideologia religiosa basata sulla minaccia, il rischio di “finire all’inferno” come ricatto per piegare verso il centro del potere religioso i popoli… una sorta di pericolo ad una scomunica che va oltre quella governativa, come accadeva spesso in passato quando i monarchi non ascoltavano gli inviti di figure come quella del Papa che, più che essere pastori di una comunità, diventavano personalità egemone. Qui, il peggio di quello che può essere l’insegnamento filosofico che una fede possa passare, in quanto, come detto prima, le religioni non sono altro che le risposte alle domande tanto esistenziali quanto primitive che il singolo si pone da sempre. Sarebbe quindi ipocrita rovesciare questa situazione di devozione sfruttando come piedistallo di potere l’importanza e la notorietà. A questo punto emerge in maniera consequenziale quella che potremmo definire come la più nobile delle attività, se eseguita nel rispetto dei suoi valori: la politica. Infatti, dove il Papa non è più braciere di pace e fratellanza ma creatore di barriere ideologiche esso diventa uomo politico, un ladro di democrazia, un leader da votare e che non è più testimone delle speranze comuni, bensì le sfrutta come occasione di scalata verso un successo concreto e non fatto da spiritualità e riflessione. In tutto ciò l’idea stessa di politica scompare in quanto non si ha più il valore della missione per il popolo ma la voglia di sentirsi qualcuno per il ruolo che si ricopre, forse è proprio in questa sottigliezza l’incapacità che vediamo in un dialogo vivo tra fede e organizzazioni governative. Infatti sono molti i nomi che possono venirci in mente se pensiamo a figure italiane che hanno reso la propria vita il significato concreto stesso di valori religiosi che sono riusciti a scardinare dal solo tema cattolico per renderli universali: per il politico in questione un esercizio di fede e per la popolazione un avanzamento democratico. Alla fine le fedi cosa sono se non le virtù all'ennesima potenza dell’unione solidale anche nella diversità? Quindi basterebbe solamente comprendere, se facciamo un’analisi approfondita di quanto scritto finora, che l’importanza di un’istituzione non risiede nella quantità, ma nella qualità che quell’organo garantisce ai suoi seguaci in modo da trovare una commistione sana tra ciò che è spirito e ciò che è concretezza: anche se questo, detto semplicemente, è solo un sistema di completezza reciproca fondato sulla fusione di due dimensioni (per l’appunto quella filosofica e quella dell’oggettività) in cui l’uomo è chiamato a vivere attivamente al loro interno per comprendere l’importanza della propria vita. Infine, davanti a questo “ping-pong” tra due forze che dovrebbero solo capire come coincidere tra loro, troviamo la massa. Infatti di fronte ai grandi riflessi e spaccature che troviamo nella società essa è chiamata a prendere decisioni in merito alla parte che si preferisce sostenere: una tifoseria di calcio più che uno sforzo mentale. D’altronde la massa è anche questo, la semplificazione estrema di ogni concetto in un ventaglio di opzioni obsolete e prive di un effettivo valore. Un altro punto importante è la denigrazione di fronte alla profondità: ne è esempio lampante il fenomeno giovanile di un vero e proprio bullismo nei confronti di quei giovani che, preferendo la fede o la filosofia rispetto alla delinquenza, vengono derisi e ritenuti alieni in questa società malata. Noi da che parte stiamo? Sarebbe troppo semplice dire che siamo per la giustizia, lo dicono tutti, anche se poi concretamente non agiscono ma rimangono ignavi e indifferenti davanti ad un mondo che cambia e sempre in peggio, aggiungerei purtroppo. Dante a queste persone destinava nella sua Divina Commedia uno dei gironi più sdegni, all’interno di uno spazio dedicato a loro "l'anti inferno”. Dentro questo posto ha luogo una selvaggia corsa infinita dietro ad un’altrettanta insulsa bandiera bianca senza identità o valore, ma nonostante ciò queste dannate anime sono obbligate a correre. Qui a continuare l’enunciato del Sommo Poeta arriva il filosofo e fondatore del PCI Antonio Gramsci che sostiene quanto chiunque nella vita debba sostenere una causa per dare ragione all’esperienza stessa di vita: e la politica, la fede o entrambe sono un modo per riempire il vuoto esistenziale del decodificare la ragione per la quale esistiamo. Quindi, pensiamo che questa riflessione non possa non concludersi se non con un invito: quello a diventare testimoni e sostenitori del proprio pensiero, in modo da renderlo proprio e concreto, disgregando così la voce corale delle masse in tanti canti singoli che potranno, prima o poi, riunire in un sistema di pace le tre grandi colonne.

Religione, politica e masse.

Micheloni Alessandro

Pietralunga Leonardo

Caporale Luca

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